Democrazia contro dispotismo

 

L'invasione russa del territorio ucraino sta naturalmente spaventando l'opinione pubblica europea e il mondo intero. Il timore è assolutamente motivato, fra l'altro, anche dall'ingente quantitativo di truppe mobilitate dal dittatore russo, Vladimir Putin, nonché dalla spaventosa minaccia di utilizzare armi atomiche. 

Il piano del despota russo prevede, probabilmente, una rapida conquista del paese invaso. A tale scopo ha dispiegato su tre fronti almeno il 75% delle forze russe (aeree, marittime e terrestri), che già dallo scorso ottobre sono state mobilitate ed addestrate. Questo enorme dispiegamento di forze può indurre conseguentemente a pensare ad una volontà di espansione ulteriore verso l'occidente al fine di ridisegnare le sfere di influenza nel mondo ripristinando la  situazione antecedente il crollo dell'Unione sovietica (1991). Anche se impensabile fino a pochi mesi fa, questo scenario da incubo, pur essendo difficile da realizzare, è comunque possibile.

L'Ucraina è paese eterogeneo. Infatti mentre la sua parte orientale è russofona, tanto che molti cittadini detengono il doppio passaporto e seguono festività tradizionali e principi religiosi russi, la regione della Galizia, appartenuta prima all'Impero Asburgico e poi alla Polonia, è caratterizzata da una mentalità filo-occidentale e liberale. 

Non è esagerato considerare russi e ucraini parte, in fondo, dello stesso popolo. Infatti milioni di famiglie ucraine e russe sono imparentate; la stessa Kiev  è stata parte integrante della storia dell'Impero russo e l'Ucraina è indipendente da soli trent'anni. Ma questo ovviamente non può giustificare in alcun modo l'azione militare russa, che intanto viola il principio dell'autodeterminazione dei popoli.

La decisione di Putin, apparentemente motivata dalla difesa dei movimenti indipendentisti del Donbass, è stata in realtà causata dalla richiesta di ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea avanzata già nel 2013. Questa scelta vedrebbe la Russia perdere l'influenza su un territorio che considera strategicamente fondamentale e sancirebbe la definitiva affermazione della liberal-democrazia in Ucraina: esito politico sommamente temuto dall’autocrate di Mosca che teme che il contagio democratico si diffonda fra i suoi disgraziati concittadini.

L'intervento dei governi occidentali, momentaneamente limitato all’adozione di pesanti sanzioni economiche, è dovuto alla palese violazione del Diritto internazionale che l'occupazione di un paese sovrano comporta. La preoccupazione più immediata è ovviamente rivolta alla condizione dei civili, vittime della brutale invasione: centinaia di migliaia fra essi sono ora costretti alla fuga dalle loro terre. La guerra rappresenta di per sé la più pesante violazione dei diritti umani, poiché nega in radice la precondizione stessa dell’esercizio dei diritti: la vita.

Non saranno trascurabili le conseguenze di questa guerra per l’economia globale. Bisogna infatti mettere in conto un aumento del costo delle forniture russe di gas e petrolio, dalle quali, negli ultimi vent'anni, l’Unione europea si è resa fortemente dipendente. Russia e Ucraina sono, inoltre, grandi produttrici di grano ed esportatrici di metalli rari, fondamentali per la produzione di smartphones, automobili e amalgama per le otturazioni dentali. La dipendenza energetica dell’occidente resta l'arma più potente nelle mani del Cremlino che, forse, può anche contare sull’appoggio politico ed economico della Cina.

Bisogna ricordare però che la Russia non è una potenza economica influente. Infatti, al di là dell’esportazione delle materie prime, la sua forza economica è paragonabile a quella della Spagna e il suo PIL pro capite coincide con quello della piccola Bulgaria.

Questa nuova, drammatica situazione potrebbe finalmente spingere i paesi europei a ricercare una maggiore indipendenza energetica e a incrementare l’utilizzo di fonti rinnovabili.

Come osserva il Wall Street Journal “lo scontro tra la Russia e l’occidente sull’Ucraina nasce intorno alle regole che governano l’economia globale più che sulle alleanze militari di Kiev e le installazioni missilistiche. Infatti il suo avvicinamento ad un mondo in cui è la libera economia a decidere dove vanno le merci, i servizi, il capitale e la conoscenza, e non i governi, l’ideologia o i gruppi di potere, è ciò che non è accettabile per un regime autocratico come quello russo, che considera una minaccia per la sua stessa esistenza il fatto che i suoi vicini non abbiano alcuna intenzione di rientrare nella sfera d’influenza di Mosca ”.

La brutale invasione ordinata da Putin nasce dalla consapevolezza di poter competere solo militarmente con l’occidente, e dalla consapevolezza di non essere in grado di farlo con il fascino culturale, sociale ed economico e con il “senso liberale della vita” occidentale. A integrazione delle argomentazioni del giornale economico americano, torniamo a dire che la più grave minaccia per un dittatore come Putin è la democrazia. Il fascino che essa può, prima o poi, esercitare fra il suo popolo può determinare la sua condanna. E’ l’esito che auspichiamo.

Il Gruppo Diritti Umani-Per Zaky, Regeni ed altri esprime la sua solidarietà nei confronti di tutte le vittime ucraine, militari e civili, dell’invasione russa. Esprime nel contempo la sua solidarietà con i cittadini russi che coraggiosamente, sfidando la violenza della repressione putiniana, scendono in piazza a manifestare il loro dissenso rispetto alla guerra di aggressione. Auspica un mondo liberato finalmente da tutti i governi autoritari la cui vocazione è da sempre la medesima: la violenza.

Martina Chianese

dal gruppo diritti umani per Zaky,Regeni ed altri