"4 novembre - Festa dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate"
Regione Veneto - Lettera aperta alle scuole del Veneto
Testo elaborato dalla classe 5K e presentato nel corso della cerimonia commemorativa
Alle autorità civili, religiose e militari, ai cittadini tutti,
vogliamo innanzitutto ringraziare il Signor Sindaco per averci dato l’opportunità di far sentire la nostra voce.
Crediamo che una ricorrenza come quella odierna istituita per commemorare la vittoria italiana nella prima guerra mondiale, in cui trovarono la morte milioni di persone tra militari e civili, debba essere vissuta in chiave “educativa”, più che solamente “celebrativa”, altrimenti il passato rischia di non aiutarci a comprendere il significato del presente e del nostro ruolo in esso.
Nel preparare questo intervento, ci siamo domandati che cosa possa dire la giornata del 4 novembre a chi come noi studia dai banchi di scuola l’epilogo della Grande Guerra. Il dolore per quelle tante vite umane, strappate agli affetti dei loro cari, non passa. Abbiamo bisogno di non disperdere quella lezione di storia per costruire, oggi, un mondo più sicuro!
In un mondo economicamente integrato si fanno avanti temi complessi e sempre più impegnativi, che sembrano compromettere qualcosa di profondo – ovvero la motivazione stessa dello stare insieme –, motivazione che richiederebbe di essere alimentata mediante un aperto dialogo tra i popoli, un sincero reciproco riconoscimento tra gli uomini.
Pertanto, oggi vogliamo onorare i caduti di tutte le guerre, e per questo abbiamo rielaborato una storia tratta dalla testimonianza di Ivana (Kravchuk), scappata da Vinnycja, città dell'Ucraina centrale, subito dopo lo scoppio del conflitto. Partita nella seconda metà di marzo (2022), è tornata in Ucraina pochi mesi più tardi.
Leggiamo dal suo immaginario Diario.
17 marzo
Caro diario,
non riesco a ricordare l’ultima notte diversa da questa, non riesco a ricordare l’ultima notte di sonni tranquilli. Da quando si è aperto lo scontro con i Russi per noi è iniziato lo strazio, sono iniziati i giorni di nascondigli e di fuga. Sembra essere passato così tanto tempo dall’ultima volta che sono andata a scuola o dall’ultima volta in cui ho potuto passeggiare tranquilla con la nonna per la nostra campagna. È da giorni che i nostri paesaggi li immagino, chiusa qui dentro, con 10 metri di terra sopra la testa che ci tengono al sicuro. Non ho sonno e, quel che è peggio, è che la mia testa ancora fatica a svuotarsi dei rumori. Non sto parlando del suono del pianoforte della mamma la domenica a pranzo, delle pentole della nonna, degli attrezzi di giardino di papà o delle risate di Daniel, no, sono altri: le bombe, gli aerei, i proiettili, i bambini che urlano e le mamme che piangono sono i suoni fortissimi che rimbombano nella mia testa. È sempre la solita sensazione, ma ogni volta è strana come se fosse la prima: mi prende sempre alla pancia e poi non riesco a dormire, come ora. Non faccio altro che pensare a papà e allo zio, non riceviamo una loro telefonata da tre giorni; di solito passano ventiquattr'ore al fronte, ma poi tornano a casa e cercano di contattarci in qualche modo.
18 marzo
Caro diario,
oggi le bombe hanno distrutto l'aeroporto: Vinnycja è irriconoscibile e si respira un’aria di panico; la gente scappa, c’è chi cerca di raggiungere la Polonia a piedi e io sono qui che cerco di proteggermi nel cuore della terra dalle bombe che si susseguono incessantemente. La centrale elettrica è stata completamente rasa al suolo, viviamo senza elettricità e ormai non distinguiamo più la notte dal giorno; il paese è desolato, nelle campagne rimangono solo gli anziani, attaccati a quella terra che ha dato loro la vita per anni. Io ho paura e non riesco a nascondermi dietro a una corazza. Mi chiedo come si possa rimanere fermi di fronte a tanti orrori; una volta ho sentito papà, impegnato al fronte, che piangeva al telefono con la mamma e non ho potuto fare a meno di pensare che fosse dovuto alla realtà della guerra, alla scia di morti, dolori e distruzioni.
19 marzo
Caro diario,
vorrei guardare questa guerra con gli occhi ingenui di Daniel; lo guardo riposare qui di fianco a me, stanco e stremato: non si è nemmeno tolto gli occhiali tondi dal viso ed è crollato a dormire; sembrerà strano, ma sono contenta che la sua disabilità spesso non gli faccia capire quanta cattiveria ci sta circondando.
È il suo sorriso e il suo “buongiorno” ogni mattina che mi danno la forza di affrontare ogni giornata, ed è soprattutto per lui che la mamma ha scelto di scappare verso l’Ungheria lasciando nonna a Vinnycja. Vorrei tanto fuggisse con noi, ma ha il diabete, problemi di pressione, e un viaggio così complicato e rischioso sarebbe troppo per lei. Ogni volta che ho avuto le mie giornate no, mi ha sempre aiutata. Una volta, mentre eravamo alla finestra guardando il sole che faceva capolino, dopo due giorni di pioggia, mi disse che quando mi sento giù devo guardare fuori se il tempo è bello: non di guardare i palazzi o i tetti, ma il cielo. Mi ha insegnato che fino a che potrò guardare il cielo senza paura, sarò io padrona della mia libertà, della mia felicità.
21 marzo
Caro diario,
ti confesso che non vorrei partire, ma sento di dover rimanere a fianco della mamma e di Daniel. Mamma si è fatta in quattro per pagare questo viaggio, ha lavorato in mensa per far da mangiare ai soldati ed è riuscita a racimolare la somma per poter affrontare il viaggio.
Partiremo tra qualche ora, nel cuore della notte: raggiungeremo dei volontari della Croce Rossa che ci porteranno con un pullman in Ungheria. Abbiamo deciso di portare una borsa in tre. Ho già il cuore in gola. Veniamo costretti a separarci e lasciare qui la nonna, il papà, lo zio senza sapere quando e se ci rivedremo. Ho capito più a fondo in queste settimane il valore della famiglia: la casa è dove è il cuore e io non lo ripongo che nella mia famiglia.
Ah, sono così arrabbiata! e… mi viene da uscire da questo buco e urlare a tutti di fermarsi. Perché i Russi stanno continuando a distruggere, perché stanno devastando la nostra terra, le nostre case, tutto quello che i nostri genitori e i nostri nonni sono riusciti a costruire nell’arco di una vita? Già, perché?
27 marzo
Caro diario,
il viaggio in pullman dall'Ungheria verso l’Italia è durato tre giorni. Ho un senso di disorientamento, di confusione e di stanchezza… tanta stanchezza. I sedili del pullman che ci ha portati in Italia erano davvero scomodi. La parte che faceva più male però erano sicuramente i pianti dei bambini, alcuni troppo piccoli per sopportare i disagi del viaggio, troppo piccoli per capire.
Daniel non ha mai smesso di chiederci dove fosse la nonna, e mamma continuava a rispondergli che ci avrebbe raggiunti presto. Rivolgendosi a me, con lo sguardo basso e voce stanca, mi ha sussurrato: “in questo momento siamo come gusci di noce trascinati dalla corrente”. Sebbene continui a cercare in tutti i modi di essere forte, non riesco a pensare al peggio.
In questi tre giorni non abbiamo potuto fare altro che vedere scorrere a nastro fuori dal finestrino boschi, monti, città. Giunti al confine tra Slovenia e Italia mamma ha dovuto denunciare in commissariato il nostro status di “rifugiati”. Sento benissimo che anche lei sta soffrendo per questo allontanamento, so che sarebbe voluta restare al fianco di papà, ma lo ha fatto per il nostro bene. Vorrei rincuorarla dicendole quanto l’ammiri per questo suo coraggio, ma vengo continuamente presa da pensieri di sconforto e di nostalgia. Mi basta tenerla stretta a me per poco.
14 giugno
Caro diario,
la famiglia che ci sta ospitando a Conegliano cucina cose davvero buone. Sono in 4 come noi, mamma, papà e 2 bambini, e da quello che ho capito sembra in arrivo anche il terzo. Vedere la signora Gabriella accompagnare i bambini a scuola ogni giorno mi porta a pensare alla scelta della mia professoressa di Storia e Geografia, lei che è rimasta a Vinnycja ad insegnare a distanza a chi nella scuola o non ha potuto o non ha fatto in tempo ad andarsene. Mi chiedo se la sua scelta sia stata giusta. Mi tornano in mente le case distrutte, le strade desolate del mio paese; qui a Conegliano le vie sono piene di gente indaffarata, si respira aria di normalità, tutt’altra realtà rispetto a Vinnycja.
Mentre sono distesa sul letto, accanto a Daniel che gioca con l’IPad dei bambini, continuo a farmi tante domande: è giusto lottare anche a costo della vita? Questo pensiero mi spaventa. Ora che siamo in Italia, dovremo rassegnarci? Per quanto resteremo in questa città?
Le domande si mescolano, lasciandomi spaesata. Di risposte non ne vedo. Ringrazio Dio di essere in salvo con mamma e Daniel, anche se mi chiedo se sia “salvezza” una vita di ospiti, lontani dalla propria terra, dalle cose care, dagli affetti.
4 luglio 2022
Caro diario,
Scusami se ti ho trascurato in quest’ultimo periodo, ma mi sono lasciata trascinare dalle tante cose successe, e così non ho avuto modo di ritagliarmi uno spazio per te. Mi piace pensare all’idea che a Mosca, o a San Pietroburgo, vi sia una ragazza della mia età che abbia stesso rapporto di confidenza con l’amico Diario. Quali saranno le sue preoccupazioni, le sue speranze?
Sono di nuovo dieci metri sotto terra, e vorrei tanto sentire suonare le campane al posto delle sirene. Ero partita mesi fa con la nascosta speranza di poter tornare nella mia terra. In cuor mio lo desideravo fortemente, per quanto riconosca che l’Italia è stata di grande, grandissimo aiuto: mi ha fatto capire l’importanza di sentirsi parte di una comunità, l’importanza di ritrovarsi attorno a valori condivisi, di coltivare l’amore per la propria storia passata, di avere a cuore il futuro dei propri luoghi che hanno cullato la propria infanzia.
Ora guardo i soldati passare e sento nascere il desiderio di piantare nuovi semi nei solchi lasciati dai carri armati. Lo so…, è un desiderio ingenuo, ma mi dà coraggio pensare che questa guerra non mi stia rendendo più cruda. Voglio sperare anch’io in giorni in cui poter commemorare chi ha combattuto per farmi vivere in un mondo migliore. Ora non è possibile, domani, forse!
Ringraziamo ancora il Signor Sindaco, gli assessori, i consiglieri comunali, i rappresentanti delle Associazioni d’Arma e tutti i convenuti per averci concesso questo spazio.